Il garagista che abita la zona di frontiera del Giura carica un'autostoppista. Che, una volta giunta alla frontiera svizzera si accorge di non avere il passaporto. Rifiuto del doganiere di lasciarla passare, e dietrofront. Sennonché, una volta ritornati alla dogana francese, il primo dei doganieri dichiara di non averla vista passare pochi minuti prima: e rifiuta a sua volta di lasciarla rientrare in Francia. È l'episodio più curioso di un film che di trovate, per non dire di divertimenti non è sicuramente prodigo. E ne riassume tutto il discorso.Personaggi prigionieri di quella zona di nessuno di cui al titolo, uomini e donne provvisori che sognano di evadere ma che si rendono conto (e con loro gli spettatori, facili indovini) di come l'utopia (quella di LE MILIEU DU MONDE e di JONAS) sia svanita con altrettanta evidenza delle illusioni del 68.
Dopo la parentesi salutare dell'Irlanda (LES ANNEES LUMIERES e quella ancor più vivificatrice del Portogallo (DANS LA VILLE BLANCHE) Tanner, lo avrete compreso è tornato ai suoi (ed ai nostri) guai di sempre. Ma il ritorno non è dei più felici. L'insofferenza ai confini ristretti (di spazio e di spirito), il dilemma resto o me ne vado, l'impossibilità d'identificarsi fra due frontiere l'autore l'aveva già espressa in tempi più adeguati. Ed in modo migliore:
Qui gli schemi, narrativi e di dialogo, simbolici e sentimentali, si sprecano. Rimane, è naturale, la dignità di un discorso che non è mai volgare. E quel modo inimitabile che ha Tanner di delimitare gli spazi, di osservare i paesaggi cosi precisi e talora costringenti del nostro paese per farne dei panorami dell'anima.
TANNER ALAIN 
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